venerdì 31 luglio 2015

Colombia, una meta scelta dal destino

"Cosa farai dopo la laurea?"
"Boh, non so, vorrei viaggiare, di sicuro passerò un periodo di disoccupazione fisiologica. Comunque sì, voglio viaggiare, voglio lavorare, voglio imparare una nuova lingua. Sì... viaggiare e lavorare insieme... e dove?"
Dove l'ha deciso il destino per me. Dove era scritto e così doveva essere. Dove, in un paese lontano, sconosciuto ai più e ostaggio di tanta disinformazione e di interessi grandi e distruttori.
Ho scelto la meta in un giorno di febbraio 2004, mentre ero a Roma qualche giorno per fare ricerca per la tesi di laurea, insieme al colloquio per il servizio civile e ad una visita al signor Josef Varon, ebreo di Rodi sopravvissuto ad Auschwitz... ma questa è un'altra storia.
"Ma sei proprio sicura di voler andare in Colombia? Farai preoccupare i tuoi genitori!". Mentre mi raccontava del rastrellamento dell'isola di Rodi, della prigionia, del ritorno, ricevetti una chiamata da Antonella del Vides Internazionale, la ong salesiana che cercava volontari per il loro progetto di Servizio Civile all'estero, che ancora prima di laurearmi avevo scelto come possibilità di lavoro una volta conseguito il titolo. Le selezioni si erano svolte la mattina, tutto bene, competenze linguistiche ok, conoscenze di base della cooperazione allo sviluppo ok, bagaglio di esperienza da educatrice agli scout ok. "Ti faremo sapere a breve, ma ti avviso che se continuerai a rimanere sulla tua decisione di andare in Chiapas avrai meno possibilità di partire, come te molti candidati vorrebbero andare nella Selva Lacandona". Vabbé, risposi, per me un posto vale l'altro se si tratta di aiutare, pazienza... non incontrerò il sub-Comandante! Tenetemi presente per qualsiasi altro paese visto che neanche in Angola posso andare perché non parlo portoghese.
E dopo poche ore eccomi al telefono a prendere una delle decisioni più criticate e poi più fortunate della mia vita. Con buona pace di Riccardo che in tutte queste esperienze mi seguiva con affetto, ammirazione e tanta pazienza. In Colombia? Proprio lì? "Eh, nessuno ci vuole andare, abbiamo un solo posto, se scegli la Colombia parti di sicuro!". Ok, accetto. Però lo dite voi a mio padre!
E così sono partita, il 6 giugno 2004, con una laurea fresca fresca in tasca, un visto di un anno per ong ad ingressi multipli. Solo un indirizzo in tasca e l'ansia delle avvertenze della Farnesina attraverso il suo sito internet. Ah, e poi vaccino per la febbre gialla fatto e profilassi antimalarica cominciata, sebbene inutile perché Medellìn, la mia meta, si trova a 1500 metri sul tratto finale della Cordillera delle Ande e non c'è assolutamente rischio.
Sono partita per fare l'educatrice in una casa salesiana per bambine di strada e abbandonate e per occuparmi dei progetti della ong che mi inviava e di quella che mi accoglieva. Sono tornata con un mondo nuovo dentro, nuovi occhi e un amore in più. Un innamoramento immediato per un paese splendido e per la sua gente, dove tutto è colorato, vivo, sorridente, dove c'è voglia di riscatto e di godere del poco che si ha. Dove i più poveri ti donano tutta la loro generosità e dove la natura ti avvolge con il suo verde, ti dona la frutta più gustosa e stravagante e dove la storia parla di sfruttamento e vedi davvero las venas abiertas denunciate dall'amato e insuperabile paroliere Eduardo Galeano. Un innamoramento immediato per la lingua, il cui accento non ho mai perso e che fa di me ancora oggi una colombiana quando parlo spagnolo; per un popolo così diversificato al suo interno e per questo così ricco; per la musica, per i paesaggi, per l'architettura, per Botero e per Gabo.
E poi l'innamoramento più forte per lei. Per quella creatura piccola e insieme così tenace. Per il suo sorriso con le fossette e quelle codette, per la fronte aggrottata quando era stupita. Lei di cui ricordo ogni parola e ogni sguardo, dal suo primo disegno di benvenuto ai suoi racconti. Lei che voleva assolutamente imparare a leggere e scrivere e lo faceva anche da sola in un angolo mentre le "bestioline" si sfogavano nel grande giardino di Casa Mamà Margarita.
Lei che era già un affetto enorme. Più di una bambina cui insegnare qualcosa in un anno scarso, quasi una figlia, più di una futura sorellina.
Sei stata il mio innamoramento più grande, sorellina mia, un vero destino. E sei preziosa per me, fin da quei primi giorni di giugno 2004. Te quiero mucho!

lunedì 13 luglio 2015

Evoluzioni... maternità e maternage

Ci sono esperienze che ci cambiano profondamente. A me è successo già altre volte di sentirmi trasformata da esperienze forti. La Colombia, il Marocco, lo scoutismo... Ma quella che più di tutte trasforma e cambia corpo e mente è una, la maternità. Tra la follia di ormoni impazziti e la lacerazione profonda della tua integrità esiste uno spettro di sensazioni, emozioni, silenzi, ascolti, paure, carezze... doppiezza e presenza, pienezza e distacco. E' una sensazione unica e irripetibile. E ti trascina in un mondo nuovo, in un gergo prima sconosciuto, con nuove priorità, ma soprattutto in una nuova visione e in ritmi diversi.
La maternità ha creato un'altra Shahrazad, forse nuova, forse solo diversa. Sempre Sardinian, perché alle origini sono voluta tornare per mettere al mondo il mio capolavoro e dalla mia terra, in altre congiunture, sto riscoprendo forza e volontà e maturo nuove consapevolezze. E' la forza ancestrale che la maternità infonde, l'istinto che si risveglia e ti rende capace di quello che non credevi. E' amore puro e voglia di lentezza. Perché solo nella lentezza di questo nuovo amore, con il suo ritmo della scoperta e della conoscenza a piccoli passi, assaporo sentimenti prima sconosciuti di potenza creatrice, completa femminilità, ritrovata sorellanza. 
E la cura per il mio cucciolo e quella per la natura che me l'ha dato in dono e per il principio femminile che è in me si intrecciano in una rinnovata armonia. Così nascono e si concretizzano nuove scelte e stili di vita. Non solo protesta contro sprechi e superfluo scellerato, ma voglia di decrescita, volontà di contribuire alla salutogenesi di questo povero mondo martoriato. Coscienza di essere l'artefice di un cambiamento che inizia per primo da me e dal mio bambino. Perché la nostra diade ha un valore che voglio proteggere e rivendico la mia via, il mio istinto di madre ad alto contatto.