
E
poi esistono persone con grandi passioni che di queste storie
diventano custodi.
Così
è il piccolo museo Contus
de Arrejolas
nel quartiere storico di Castello a Cagliari. E così è la sua
anima, Mercedes.
In
questo grazioso e insolito museo ricavato in un bellissimo sottano
che fino al 2007 ospitava un laboratorio di ceramica – in un
palazzo del 1650 posto sotto la tutela della Soprintendenza per la
sua valenza storica – Mercedes Mariotti accoglie chi vuole
conoscere le sue mattonelle (in sardo is arrejolas) e i loro racconti.
Le
mattonelle parlano di un quartiere, di storia, di famiglie,
di quotidianità e di saperi.
Ogni
mattonella è legata ad una casa e ad una famiglia, ma dice anche
molto delle abilità e dei saperi di fabbricazione, nonché del gusto
estetico di chi le produceva e di chi le sceglieva per decorare gli
ambienti della propria casa. E poi la loro dismissione ricorda l'evolversi della vita del quartiere, la sua decadenza e la sua
rinascita.
Al
momento sono esposte più di 120 riggiòle (di cui alcune cementine)
provenienti principalmente dal quartiere di Castello, ma il loro
numero è in aumento. Sono state per la maggior parte donate dai
proprietari delle case del quartiere o degli altri rioni storici
della città, mentre alcune sono state rinvenute
sotto
il pavimento del sottano durante i lavori
di ristrutturazione
(servivano
a ridurre l'umidità) o recuperate
dalla cisterna
punica situata nel retro.
«Se
le tengo nello scantinato nessuno saprà che esistono. Tu invece le
puoi raccontare».
Riggiòle donate affinché potessero avere una migliore collocazione
in questo piccolo museo piuttosto che rimanere dimenticate in vecchie
cantine o venir buttate.
Da dove provengono queste mattonelle?, chiedo incuriosita a Mercedes. Argilla e caolini provenivano dalla Sardegna, mi risponde, poi le mattonelle venivano terminate e decorate presso le botteghe di Napoli (Amalfi e Sorrento, soprattutto) e della Sicilia, in particolare a Santo Stefano di Camastra in provincia di Messina.
Da dove provengono queste mattonelle?, chiedo incuriosita a Mercedes. Argilla e caolini provenivano dalla Sardegna, mi risponde, poi le mattonelle venivano terminate e decorate presso le botteghe di Napoli (Amalfi e Sorrento, soprattutto) e della Sicilia, in particolare a Santo Stefano di Camastra in provincia di Messina.
Ma
perché da lì? Una storia ne chiama altre e questa viene da lontano. Nella
lingua
napoletana
attuale,
il termine riggiòla è sinonimo di piastrella
e precisamente un
tipo di mattonella in ceramica spesso maiolicata e decorata a mano
utilizzata per rivestire pavimenti e pareti. L'etimologia del
termine viene attribuita al
latino rubéola,
cioè rossiccia, ma la sua origine si perde nella storia e negli
incontri di lingue e di popoli. A metà del XV secolo infatti,
Alfonso
V d'Aragona detto
il Magnanimo, primo re della dinastia
aragonese di Napoli,
preso
dalla nostalgia di casa, convocò a corte Juan
al Murcì, direttore delle ceramiche di Manises, borgo vicino a
Valencia, incaricandolo di creare una scuola in grado di formare
artigiani “riggiolari” e
di istituire una fabbrica di rajoletes
pintadas,
le variopinte mattonelle
maiolicate.

Una
cisterna è profonda 5 metri e conserva la finestrella
di pescaggio che con un sistema di corde, cui erano fissate delle
brocche, portava l'acqua ai piani superiori. L'altra
cisterna, il cui ingresso è stato ostruito, conserva la
particolarità di una sagoma che si è ipotizzato sia riconducibile
al Dio Moloch
o più verosimilmente può essere
stata utilizzata, viste le fattezze paurose, come deterrente per i
bambini affinché non si avvicinassero troppo all'imboccatura. La
famosa “Mamma'e funtana”, o Maria
Farranca o “Mamma abbranca”... ma questa è un'altra storia!

https://www.facebook.com/contusdearrejolas?fref=ts

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