lunedì 22 giugno 2015

Piccolo Museo Contus de Arrejolas (Museo delle Riggiòle, Cagliari)


Esistono luoghi, piccoli gioielli sotto casa, che ci passi davanti e li scorgi dalla strada. Molti sono semplici e magici. E raccontano storie, tante storie.
E poi esistono persone con grandi passioni che di queste storie diventano custodi.
Così è il piccolo museo Contus de Arrejolas nel quartiere storico di Castello a Cagliari. E così è la sua anima, Mercedes.
In questo grazioso e insolito museo ricavato in un bellissimo sottano che fino al 2007 ospitava un laboratorio di ceramica – in un palazzo del 1650 posto sotto la tutela della Soprintendenza per la sua valenza storica – Mercedes Mariotti accoglie chi vuole conoscere le sue mattonelle (in sardo is arrejolas) e i loro racconti.
Le mattonelle parlano di un quartiere, di storia, di famiglie, di quotidianità e di saperi.
Ogni mattonella è legata ad una casa e ad una famiglia, ma dice anche molto delle abilità e dei saperi di fabbricazione, nonché del gusto estetico di chi le produceva e di chi le sceglieva per decorare gli ambienti della propria casa. E poi la loro dismissione ricorda l'evolversi della vita del quartiere, la sua decadenza e la sua rinascita.
Al momento sono esposte più di 120 riggiòle (di cui alcune cementine) provenienti principalmente dal quartiere di Castello, ma il loro numero è in aumento. Sono state per la maggior parte donate dai proprietari delle case del quartiere o degli altri rioni storici della città, mentre alcune sono state rinvenute sotto il pavimento del sottano durante i lavori di ristrutturazione (servivano a ridurre l'umidità) o recuperate dalla cisterna punica situata nel retro.
«Se le tengo nello scantinato nessuno saprà che esistono. Tu invece le puoi raccontare». Riggiòle donate affinché potessero avere una migliore collocazione in questo piccolo museo piuttosto che rimanere dimenticate in vecchie cantine o venir buttate.
Da dove provengono queste mattonelle?, chiedo incuriosita a Mercedes. Argilla e caolini provenivano dalla Sardegna, mi risponde, poi le mattonelle venivano terminate e decorate presso le botteghe di Napoli (Amalfi e Sorrento, soprattutto) e della Sicilia, in particolare a Santo Stefano di Camastra in provincia di Messina.


Ma perché da lì? Una storia ne chiama altre e questa viene da lontano. Nella lingua napoletana attuale, il termine riggiòla è sinonimo di piastrella e precisamente un tipo di mattonella in ceramica spesso maiolicata e decorata a mano utilizzata per rivestire pavimenti e pareti. L'etimologia del termine viene attribuita al latino rubéola, cioè rossiccia, ma la sua origine si perde nella storia e negli incontri di lingue e di popoli. A metà del XV secolo infatti, Alfonso V d'Aragona detto il Magnanimo, primo re della dinastia aragonese di Napoli, preso dalla nostalgia di casa, convocò a corte Juan al Murcì, direttore delle ceramiche di Manises, borgo vicino a Valencia, incaricandolo di creare una scuola in grado di formare artigiani “riggiolari” e di istituire una fabbrica di rajoletes pintadas, le variopinte mattonelle maiolicate


Ma il piccolo museo Contus de Arrejolas non racconta solo di mattonelle. Racchiude altri tesori e altre storie, come le due cisterne puniche e le tracce di un rifugio improvvisato utilizzato durante la seconda guerra mondiale dai bambini della famiglia che abitava il sottano.
Una cisterna è profonda 5 metri e conserva la finestrella di pescaggio che con un sistema di corde, cui erano fissate delle brocche, portava l'acqua ai piani superiori. L'altra cisterna, il cui ingresso è stato ostruito, conserva la particolarità di una sagoma che si è ipotizzato sia riconducibile al Dio Moloch o più verosimilmente può essere stata utilizzata, viste le fattezze paurose, come deterrente per i bambini affinché non si avvicinassero troppo all'imboccatura. La famosa “Mamma'e funtana”, o Maria Farranca o “Mamma abbranca”... ma questa è un'altra storia!




https://www.facebook.com/contusdearrejolas?fref=ts

sabato 20 giugno 2015

Come tutto cambia...

L'idea di Sardinian Shahrazad è iniziata in un periodo molto fertile di incontri e di stimoli intellettuali, ma si è interrotto presto.
Si è perso nel flusso di una vita tunisina frenetica, in balia del tempo lento della ricerca e del chiasso dei tram, di contrattazioni al mercato e di manifestazioni in strada, di mercati delle pulci, soste per caffé e citronade a ogni ora. Si è perso in nuove opportunità di lavoro, in nuove amicizie e in una scelta di vita che a fine 2012 mi ha portato al sud, a Gabès.
Città odiata e quasi ostile. Città del sole, del vento, del mare, come Cagliari, come Rabat. Ma di quel cielo blu e di quell'aria buona di mare non c'è nulla. Città che tutto poteva, ma niente ha avuto. Città che nessuno ama, neanche chi ci è nato. Città dove non si può respirare. Città dove la cosa più bella sono i palmeti dell'oasi al tramonto e ti dimentichi anche che è una prigione dove non hai amici e non sei libera. Città dove come donna non ero io. 
Città dove senza saperlo ho (abbiamo) concepito il mio capolavoro.
Ed è grazie a lui che rinasce la mia vocazione di narratrice e riprendo Sardinian Shahrazad. 
Perché quando nasce un bambino nasce anche una mamma. E rinasce una donna.
Perché cambiare il mondo si può, un bambino alla volta.
E intanto, Lorenzo Ismail, tu hai già cambiato il mio mondo... 

Come tutto ha avuto inizio...

Tutto ha avuto inizio nell'aprile del 2012 mentre ero a Tunisi.
Ho vissuto 4 mesi in Tunisia per condurre una ricerca post-dottorale ed è scattata la voglia di raccontare: le manifestazioni, le iniziative di piazza, i miei primi lacrimogeni, gli incontri con intellettuali tunisini, le scoperte nelle mie ricerche, i nuovi amici, la rivoluzione.
Così è nato Sardinian Shahrazad...

Eccolo:
http://sardinianshahrazad.blogspot.it/
(ma non è durato tanto!)